Ti capiterà di arrivare a Candelara quasi senza accorgertene. Sei ancora vicino a Pesaro, il traffico è appena alle spalle, ma basta parcheggiare e fare pochi passi per sentire che qualcosa cambia. L’aria si fa più ferma, i rumori si abbassano, e davanti a te compare una collina morbida, disegnata da ulivi, vigneti e querce. In lontananza il mare Adriatico riflette la luce, mentre alle spalle si intravedono le sagome del Monte Catria, del Nerone e del Carpegna.
Candelara non si impone. Ti aspetta.
Cosa tratteremo
Dove si trova Candelara e perché la sua posizione non è casuale
Il borgo di Candelara si trova nella provincia di Pesaro e Urbino, a meno di dieci chilometri da Pesaro, ma la sensazione è quella di essere molto più lontani. È costruito su una collinetta panoramica, scelta – secondo una leggenda locale – con un metodo tanto semplice quanto poetico.
Si racconta che prima di fondare il paese gli abitanti accesero tre candele su tre colli diversi e decisero di costruire il borgo dove la fiamma resisteva al vento. Da qui il nome Candelarum, legato alla luce e al fuoco. Passeggiando tra le mura, con il vento che passa ma non disturba, questa storia smette di sembrare solo una leggenda.
L’ingresso nel borgo: mura, torri e primi silenzi
Si entra a Candelara passando da Borgo Santa Lucia, una piccola soglia che introduce lentamente al centro storico. Qui trovi il Municipio, una piazzetta discreta e il primo colpo d’occhio sulle mura fortificate. Alza lo sguardo: oltre il ponte in mattoni riconosci subito la porta d’accesso, le antiche bocche da fuoco, la Torre dell’Orologio e il profilo del campanile che emerge tra i tetti.
Le mura, massicce e continue, furono rinforzate nel Quattrocento da Sigismondo Malatesta, quando Candelara era una vera fortezza. Un tempo si entrava solo tramite un ponte levatoio in legno. Oggi si entra a piedi, ma la sensazione di attraversare una soglia resta intatta.
La Pieve di Santo Stefano: un luogo che chiede silenzio
Poco fuori dal borgo, quasi in disparte, si trova la Pieve di Santo Stefano. Costruita intorno all’anno Mille, ha una pianta a croce greca e uno stile sobrio che non cerca di stupire. La facciata è scandita da lesene verticali, due finestre ad arco acuto e una meridiana che sovrasta il portale rinascimentale.
Entrando, la luce cambia. È più bassa, più raccolta. Sullo sfondo l’altare è circondato da opere di grande pregio: dipinti e affreschi di Pompeo Morganti, Ottaviano Zuccari, Rondolino, Simone Cantarini e Claudio Ridolfi. Qui ti viene naturale abbassare la voce, anche se non c’è nessuno. È uno di quei luoghi che non hanno bisogno di spiegazioni.
Camminare a Candelara: chiese, scalinate e tempo lento
Rientrando nel centro storico, la via principale conduce alla Chiesa di San Francesco, seicentesca. Spesso è chiusa, ma vale comunque la pena girarle attorno per osservare il campanile e la cupola del XIV secolo che emergono sopra i tetti.
Da qui una scalinata alberata scende lentamente verso il parco comunale. I passi risuonano sulle pietre consumate, l’aria profuma di foglie e umidità. Poco più avanti si raggiunge la Chiesa di Santa Lucia, eretta nel 1458. Il suo campanile a vela custodisce due campane del Cinquecento, che ancora oggi scandiscono il tempo del borgo come hanno fatto per secoli.
Il Museo PAC: quando la storia passa dalle mani
Una delle sorprese più interessanti di Candelara è il Museo PAC, situato vicino alla Pieve di Santo Stefano. È dedicato all’arte tessile, al ricamo, al taglio e cucito, ma soprattutto a una storia di lavoro e formazione che qui ha avuto un ruolo centrale.
Il museo nasce nel 1928 grazie a un gruppo di suore laiche, con l’obiettivo di insegnare un mestiere alle giovani del territorio. Nelle sale si incontrano telai antichi, materiali in canapa, cotone e lana, disegni decorativi, bottoni, macchine da cucire industriali. Una sezione è dedicata alla benefattrice Egizia Bazzicaluppi, con calligrafie, ceramiche e merletti.
È una visita che colpisce perché racconta una storia concreta, fatta di gesti quotidiani e pazienza.
Villa Berloni: da fortezza a dimora elegante
Appena fuori dal centro si trova la Villa Berloni, un edificio che riassume bene la storia di Candelara. Nata nel Quattrocento come struttura difensiva, durante le contese tra Sforza e Malatesta, nel Settecento divenne residenza di villeggiatura della famiglia Abati Olivieri.
La ristrutturazione fu affidata a Luigi Vanvitelli, e ancora oggi all’interno si respira un’eleganza settecentesca fatta di arredi, oggetti d’antiquariato e opere pittoriche, tra cui spicca la Sibilla Cumana del Guercino. Una dimora che racconta il passaggio dalla guerra alla bellezza, dal controllo alla contemplazione.
Candele, api e bambini: una tradizione che continua
Candelara è famosa per l’evento Candele a Candelara, ma il legame con la luce non si esaurisce a Natale. La Pro Loco, insieme a insegnanti ed esperti, organizza laboratori didattici dedicati alla produzione di candele in cera d’api, rivolti ai bambini.
Attraverso esperienze sensoriali, filmati e attività manuali, i più piccoli scoprono il mondo delle api, l’importanza dell’equilibrio naturale e la soddisfazione di creare qualcosa con le proprie mani. È un modo semplice e autentico per trasmettere l’identità del borgo.
Curiosità e tempo che ritorna
Vicino alla porta d’accesso si trova la Sala del Capitano, sede di mostre d’arte contemporanea e dell’antico meccanismo dell’orologio, restaurato e tornato funzionante dopo decenni grazie all’artigiano Liberio Mancini. Vederlo muoversi di nuovo ha qualcosa di rassicurante, come se il tempo qui avesse ritrovato il suo ritmo naturale.
Le origini di Candelara affondano nella preistoria, attraversano l’epoca romana, il Medioevo e le signorie dei Malatesta e degli Sforza. Tutto questo non è scritto sui muri, ma si percepisce camminando.
Lasciare Candelara
Quando te ne vai, succede una cosa strana. Non hai la sensazione di aver semplicemente visitato un borgo, ma di averlo abitato per un po’. Ti resta addosso il colore della pietra al tramonto, il suono lontano delle campane, l’immagine di una candela accesa che resiste al vento.
E mentre scendi verso Pesaro, con il mare che riappare all’orizzonte, capisci che Candelara non chiede di essere ricordata. Lo fa da sola.